Ma dove e quando fare esperienza?
La formazione venatoria in Italia non ha purtroppo una grande tradizione. Seppure sia cresciuta, in alcune regioni, in particolare riguardo al prelievo di ungulati, non ci sono veri standard. E la qualità non è omogenea. In ogni caso, si tratta fondamentalmente di un’istruzione teorica. Molte ore di aula, magari in “formazione a distanza”, a volte delle uscite di osservazione degli animali. Mai, invece, delle attività di pratica venatoria, che sarebbero utilissime. La ragione di questa mancanza è abbastanza comprensibile: in Italia è molto difficile, se non impossibile, avere a diposizione spazi dove esercitarsi realisticamente. Così il cacciatore abilitato si avventura nella pratica venatoria potendo contare su un bagaglio formativo solo teorico. Ed è un avvio un po’ traballante.
Certo, chi ha la fortuna di poter contare su amici (realmente) esperti sarà avvantaggiato. Altri dovranno affrontare un cammino a tratti frustrante, costellato di errori che in realtà sarebbero stati facilmente evitabili. Anche il turismo venatorio, se viene vissuto come un rapido “mordi e fuggi”, non insegna molto. O insegna molto meno di quello che potrebbe. Il nostro cacciatore impiega così diversi anni a capire cose e acquisire abilità che, con una guida esperta al fianco, avrebbe messo insieme in assai meno tempo. Questo vale a tutti i livelli di tecnica venatoria acquisita. Perché, ed è verissimo, non si finisce mai di imparare.